ALLA RICERCA DEL “GREGGE” PERDUTO NEL MONDO VIRTUALE. LA BANALITA’ DEL MALE NELLE INSIDIE DEL WEB E DEI SOCIAL MEDIA

INDICE ARGOMENTI:

  1. PER NON FAVORIRE LA DISABILITA’ A PARTIRE DALL’INFANZIA. E LE AUTORITA’ STANNO A GUARDARE.
  2. LA PREVENZIONE E LA MULTIDISCIPLINARIETA’ SONO LA CHIAVE PER LA RISOLUZIONE DEI PROBLEMI.
  3. IRRAZIONALISMO E ALIENAZIONE DEL POTERE. LA MONODISCIPLINARIETA’ E LA MONODIREZIONALITA’ EFFICENTIZZANO I PROBLEMI E NON LI RISOLVONO.
  4. I CONDIZIONAMENTI DEL POTERE NON FAVORISCONO LA CAPACITA’ CRITICA E LA RESPONSABILE CONSAPEVOLEZZA DEI CITTADINI DEL FUTURO
  5. IL “SOPRAVVENTO” DEL DIGITALE ED IL TRAMONTO DELL’UMANO. LA RINASCITA DELL’UOMO PRIMITIVO 4.0
  6. UN COMPROMESSO NECESSARIO FRA PASSATO E PRESENTE PER SUPERARE LE CONTRADDIZIONI E COSTRUIRE UNA CIVILTA’ DEL FUTURO

PER NON FAVORIRE LA DISABILITA’ A PARTIRE DALL’INFANZIA. E LE AUTORITA’ STANNO A GUARDARE.

Nel corso degli studi e delle ricerche orientate da oltre un decennio alla trattazione dei problemi riguardanti l’educazione e la formazione dei minori, con particolare riguardo a quella delicata fase dell’infanzia che come ormai si sa, ha e mantiene un’importanza fondamentale per il successivo sviluppo del bambino, ho più volte sottolineato quale pericolo potesse rappresentare per i neonati l’uso precoce dei dispositivi digitali. E quale impatto devastante potesse rappresentare la disponibilità di tablet, smartphone e di schermi digitali in mano ai neonati, e quale ulteriore danno potesse derivarne qualora tale uso divenisse una consuetudinaria abitudine prima dell’età scolare Anna Baraldi abstract Grafologia e Infanzia. Spezzando una lancia, si fa per dire, a favore delle improvvide disposizioni emanante dal MIUR e dalla ministra Fedeli, a proposito di decaloghi inutili e progettazioni mirate soltanto a “fake resolutions”, va detto, sottolineato e testimoniato come certe caratteristiche in capo ai vertici di governo e dei ministeri siano trasversali, anche alle gestioni del passato più recente. L’incoerenza, la coazione a ripetere l’errore di freudiana memoria sono un brand ministeriale in particolare e, più in generale, governativo della storia politica dell’ultimo ventennio. Una genetica rappresentazione delle peggiori performances  messe in atto nell’avvicendamento dei diversi ministri e dei corrispettivi governi. Una sorta di emulazione negativa che si ripropone tra l’altro, anche ai più bassi livelli della nostra società, per quanto riguarda fenomeni sociali di forte impatto emozionale, anche e soprattutto, se negativamente orientati. Certo ci si aspetterebbe che nelle stanze dei palazzi del potere sedessero uomini e donne con un alto profilo professionale, di grande esperienza e di alta moralità. Purtroppo gli avvicendamenti dei tanti ministri che hanno occupato le prestigiose stanze dei palazzi ministeriali evidentemente sono serviti a rappresentare in modo efficace il rispecchiamento del trend , presente anche nella nostra società contemporanea, in cui l’edonismo, il protagonismo, ed il consenso politico nazionale ed internazionale sono, trasversalmente ai vari avvicendamenti, le prioritarie preoccupazioni degli uomini e delle donne di potere. In questa rappresentazione che riflette gli stili di una società in cui l’apparire ha soppiantato l’essere, prestando il fianco ad una governance dissoluta, orientata alla soddisfazione materiale di pochi e disattenta ai concreti bisogni dei tanti, non si è consolidata la tensione ad analizzare i cambiamenti epocali dei modelli culturali, divenuti multiculturali, e le trasformazioni socio-antropologiche intergenerazionali che hanno cambiato la società dalle sue radici. Una governance lungimirante si sarebbe dedicata a ricercare stake-holders di elevato prestigio, competenza, professionalità e soprattutto super-partes, con una passionale propensione a fronteggiare le problematiche sociali, ma prima ancora quelle didattico-educative e formative, molto prima che le stesse assumessero il carattere di emergenze vere e proprie http://sostieni.link/15860 . L’evidenza delle quali appare testimoniata concretamente, anche solo prendendo in esame quelle riguardanti la famiglia e la scuola, insieme alla mancanza di un ricambio generazionale per l’abbassamento dei tassi di natalità che progressivamente hanno decretato il ripensamento di nuovi modelli culturali e di stili di vita, improntati alla contingenza delle soluzioni.

LA PREVENZIONE E LA MULTIDISCIPLINARIETA’ SONO LA CHIAVE PER LA RISOLUZIONE DEI PROBLEMI.

Se la multidisciplinarietà degli interventi viene relegata al ruolo di possibilità e non di necessità, come fin ora si è verificato, allora le alternative degli interventi a favore delle soluzioni dei problemi possono solo rientrare nelle categorie dell’approssimazione, della contingenza, della semplificazione, del riduttivismo. Inevitabilmente, la conseguenza di questi approcci è la banalizzazione della gravità e complessità delle emergenze in atto che in questo modo continueranno ad essere affrontate singolarmente dagli apparati dello Stato con mezzi insufficienti, monodirezionali, inadeguati a risolverle, di volta in volta tentando la sorte e affidandosi al know-how di stake-holders , impreparati di fronte all’ingestibilità della continua diversificazione e moltiplicazione delle situazioni di crescente malessere. Invece di selezionare, come è successo fin qui, pool di esperti, disposti ad avallare le già tracciate impronte del potere, che hanno ispirazioni ed obiettivi non necessariamente coincidenti con le concrete necessità di risoluzione sostenibile dei problemi sociali, d’ora in avanti sarebbe il caso di aprirsi a categorie quali la multidisciplinarietà, ad un modo organizzato e strutturato, che renda possibile verifiche e riproducibilità, condiviso dalla comunità scientifica e in grado di affrontare con un’analisi accurata delle cause originarie dei problemi da affrontare di volta in volta, la complessità delle situazioni di disagio e di precarietà di una società disorientata e frammentata che trasmette il desiderio di un globale riassestamento e ridimensionamento del degrado umano in crescente aumento da cui si sente afflitta. E questo è stato il brand della gestione dissennata da parte delle istituzioni ministeriali e governative di quasi tutte le problematiche sociali, trasversali alla famiglia e alla Scuola, sorte nel corso dell’ultimo ventennio, fra le quali quelle  inerenti i diversi modi di fare famiglia, e le tensioni sorte a seguito delle nuove configurazioni familiari, trasferite in modo irrisolto nell’ambito della Scuola, con le conseguenze ben note di frizioni continue e violente proprio nei luoghi deputati all’educazione e alla formazione dei bambini, dei ragazzi e degli adolescenti. E senza che nei molteplici avvicendamenti che si sono verificati ai vertici di un po’ tutte le istituzioni ministeriali, ed in particolare del MIUR, si sia pensato di affrontarle, bandendo le ideologie ed i pregiudizi, in modo sistematico con una revisione strutturale de modelli precedenti insufficienti a gestire la nuova complessità.

Ed in questo inquadramento dei fenomeni caratterizzanti questo specifico assetto della nuova società, una parte predominante delle trasformazioni epocali complessivamente considerate è stato proprio l’avvento della tecnologia digitale nella trasformazione delle comunicazioni di massa, trasformatasi in “sopravvento” della popolazione digitale. E’ chiaro ed evidente che non essendo corsi ai ripari per tempo, avendo dissennatamente affrontato le problematiche step by step, e circoscritto aree e settori in cui il malessere era diventato emergenza alla quale far fronte obbligatoriamente con  interventi mirati di emergenza, questo ha provocato molti più danni di quanti ne abbia risolti. Infatti, la compulsiva tensione ad arginare la proliferazione delle diverse tipologie di emergenze ha aperto la strada alla ripetizione degli errori praticati a catena, senza via di risoluzione proprio a causa di scelte istituzionali dettate da un attivismo mirante a dimostrare un efficienza apparente che tuttavia non si è nei fatti tradotta in una effettiva efficacia dimostrata delle scelte operate. La “prevenzione”, usata ed abusata come concetto astratto nei diversi salotti, nei talk show televisivi e dai social media per bocca dei vari esperti di turno, è sempre rimasta una pura e semplice citazione. E coloro che l’hanno inserita nelle varie fanta-proposte, lo hanno fatto senza tradurla in proposte programmatiche di interventi strutturati ed organici, basati su metodologie di stampo scientifico, corrispondenti ai criteri di un minimo livello di verificabilità e riproducibilità, selezionati prima della degenerazione in vere e proprie emergenze. E’ chiaro che in quadro disorganizzato che richiede risposte immediate, e per ciò stesso poco ragionate e poco o nulla compartecipate dal basso,  l’unica risposta obbligata sia stata la scorciatoia della “semplificazione” nel tentativo di arginare  le problematiche, divenute “emergenze”, attraverso interventi di emergenza. E questo ha generato un circolo ricorsivo negativo in cui la semplificazione della natura degli interventi selezionati è stata inversamente proporzionale all’aumentata diversificazione delle emergenze, divenute ingestibili per quantità e gravità. Affrontare la complessità dei fenomeni di emergenza,  adottando il criterio della semplificazione nella selezione degli interventi destinati ad arginarle, circoscrivendone i contorni al solo evento criminoso sporadico che la cronaca quotidiana porta alla ribalta ogni giorno, rappresenta la cifra dei fallimenti esperiti che si va ingrossando ogni giorno di più.

Per fronteggiare le emergenze,  nate in un contesto di complessità sociale, culturale, politica, economico-finanziaria, serve un cambiamento epocale, anche riguardo ad una gestione più responsabile da parte dei vertici delle istituzioni. In altre parole, una libertà di gestione responsabile in capo ai vertici del potere che metta al primo posto scelte e decisioni, fondate sulla pianificazione di interventi integrati strutturati ed organici, adeguati alla complessità delle emergenze educative, formative e sociali, divenute insostenibili per una società che si riconosca civile, democratica ed evoluta. Il cambiamento deve avvenire anche nello stile di pensiero e di azione, di sentimento e di condivisione del degrado umano e sociale a cui un popolo è tenuto a ribellarsi. Settori quali la cultura, l’educazione, la formazione e la didattica applicata alla Scuola non possono risentire di condizionamenti al ribasso che impongono proposte vuote di sostanza, di competenza e di professionalità, perché l’oggetto di “cura”, affidato alle scelte improvvide di certi ministri e di certi governi, in questo caso specifico, è il fondamento stesso della società.

IRRAZIONALISMO E ALIENAZIONE DEL POTERE. LA MONODISCIPLINARIETA’ E LA MONODIREZIONALITA’ EFFICENTIZZANO I PROBLEMI E NON LI RISOLVONO.

Due sono le chiavi di lettura alla base dei fallimenti delle iniziative intraprese dal MIUR e da alcuni esponenti politici per arginare le singole emergenze, quali le dipendenze, i fenomeni di violenza, auto ed etero-referenziale, trasversali a tutti gli ambiti del sociale: la monodisciplinarietà di osservazione di ogni singola emergenza, che comporta in sé l’impossibilità di individuare la natura multicausale e multifattoriale dei fenomeni oggetto di osservazione; la monodirezionalità degli interventi adottati per ogni specifica emergenza, collocata in uno specifico segmento ambientale e sociale; i cui risultati per contro vengono utilizzati per una generalizzazione impossibile in virtù dell’unicità di ogni singolo destinatario finale degli interventi alla base delle emergenze.

Questo che cosa ha prodotto ad oggi? Una serie infinita di proposte di legge, alcune delle quali approvate, divenute disegni di legge, interi apparati ministeriali applicati ad erogare ingenti risorse pubbliche per ogni singola presunta velleità degli stessi vertici o di enti politicamente sponsorizzati dai medesimi, senza alcuna corrispondenza a linee programmatiche di interventi strutturati ed organici in grado di garantire un minimo di scientificità e di porsi nell’ottica di una verificabilità e riproducibilità degli interventi adottati che, solo in questo caso, garantirebbero la possibilità di una generalizzazione delle strategie selezionate. A riprova di ciò abbiamo avuto la compulsiva rincorsa dei ministeri e della politica nell’ultimo triennio a sferrare attacchi disorganizzati al bullismo e cyberbullismo con leggi generate dall’emotività di una ex dirigente scolastica, divenuta poi parlamentare e firmataria di una legge che ad oggi non è di fatto servita a modificare tale fenomeno. E a seguire, apparati ministeriali e politici che per accrescere il proprio prestigio e giustificare il proprio potere hanno imposto, a livello nazionale,  unilaterali interventi con allegati decaloghi contro le fake news e a favore dell’uso taumaturgico dello smartphone, elevato a fonte rinnovata per fare didattica, su uno sfondo dove l’innovazione tecnologica e digitale è diventata il nuovo dio a cui tutto è sottomesso e da cui dipende il destino dell’umanità di cui i bambini, ragazzi e adolescenti, così allevati, saranno parte integrante. A questo periodo di fioritura di iniziative che a ben guardare nei fatti si sono rivelate, non ingegnose, ma piuttosto irrazionali ed impulsive, appartiene anche l’idea che, per superare l’incrementale fenomeno dei DSA (disortografia, dislessia, disgrafia, discalculia), arrivato ormai alla soglia dell’ingestibilità, il rimedio consista nell’estendere l’uso dei dispositivi digitali, non soltanto al target degli studenti con disabilità, a cui dovrebbe essere riservato, ma bensì a tutti e fin dalla più tenera età. L’ipersemplificazione e la superficialità nell’analisi e nel trattamento di problematiche quali i DSA per esempio, coinvolgenti la sfera evolutiva dei soggetti nel campo educativo e formativo, mal si coniugano con una gestione efficace e deontologicamente responsabile di problematiche che stanno assumendo sempre più l’aspetto di conclamate emergenze del mondo della scuola a tutti i livelli e gradi . Una visione miope ed ipersemplificante, in alcuni casi addirittura alienante,  di problemi, quali i DSA,  che nelle ricadute stanno alla base di problematiche più complesse e di più rilevante gravità, come per esempio deficit cognitivi ed intellettivi, dell’apprendimento, della memoria, della concentrazione, che incidono sulla maturazione e sullo sviluppo equilibrato della personalità, vanno affrontate in modo multidisciplinare e con un orientamento allargato ed inclusivo. L’idea di smantellare tutto il passato e di collocare nell’obsolescenza il sapere tradizionale e le modalità di apprendere tradizionali sostituendole, senza alcuna graduale evoluzione, con i più attuali ritrovati della scienza e della tecnica, rischia di espungere nel passaggio chi di tali processi dovrebbe beneficiare, senza alcuna diretta espressione di consenso da parte sua. E questo, in quanto il consenso, come la responsabilità e la capacità critica si matura nell’uomo coltivandolo nelle pratiche educative fin dai banchi di scuola e lungo l’arco della vita. Non nasce da prescrizioni di tecnici, impartite dalla cattedra sulla spinta emotiva dettata dall’urgenza di risolvere una certa specifica emergenza, né tantomeno scaturisce dall’uso affinato, guidato, ma soprattutto smodato e assolutizzato, dei mezzi tecnologici e digitali che governano autoritariamente con il beneplacito delle istituzioni la didattica,  con il compito di sviluppare la responsabilità, la capacità critica e l’autonomia.

I CONDIZIONAMENTI DEL POTERE NON FAVORISCONO LA CAPACITA’ CRITICA E LA RESPONSABILE CONSAPEVOLEZZA DEI CITTADINI DEL FUTURO

Purtroppo, l’assolutizzazione dei “mezzi” genera “fini” che in realtà costituiscono i fini del potere di forgiare persone con sempre meno autonomia, responsabilità e capacità critica. Esattamente il contrario di ciò che servirebbe per una partecipazione democratica e responsabile di tutti alla gestione della cosa pubblica. E non c’è alcun dubbio che l’eccessiva propensione dei vertici istituzionali, del MIUR in particolare, ad assolutizzare l’innovazione della tecnologia digitale come rimedio di tutti i mali e come soluzione a tutte le emergenze, abbia influenzato, se non addirittura condizionato, l’educazione e la formazione anche per quanto riguarda la famiglia. Una riprova concreta di ciò è data proprio dall’introduzione dei dispositivi digitali, tablet e smartphone, nella fase dell’infanzia, anche per quanto riguarda l’educazione familiare. Infatti è sempre più dilagante la tendenza da parte dei genitori ad utilizzare tali dispositivi digitali come strumenti di intrattenimento ludico per i propri figli neonati Stop ai Tablet per i Neonati . O, peggio ancora, come elemento di orgoglio rispetto a presunte attribuzioni di talenti e abilità in un campo, talvolta ostico, per gli adulti. Purtroppo, niente di tutto quello che inorgoglisce i genitori relativamente ad un abile uso della tecnologia digitale da parte dei figli neonati corrisponde effettivamente al benessere del bambino in età prescolare e facilmente ne condiziona il corretto sviluppo e ne pregiudica anzi le abilità future Articolo di Repubblica, 4 Giugno 2014 – La rivincita della penna, chi la usa ha più memoria . Infatti è dimostrato anche nell’allarme espresso dai pediatri che il confronto diretto, specialmente se continuativo nel tempo, riduce le abilità attitudinali costitutive, e sicuramente preclude lo sviluppo di quelle relazionali di tipo personale. La sovrapposizione poi del mondo virtuale a quello reale certo non favorisce neppure, nella fase infantile, una vera distinzione della diversa natura dei rapporti umani: da quelli vissuti direttamente nel contatto personale con l’altro rispetto a quelli mediati dai mezzi tecnologici digitali attraverso la rete. Nel caso di questi ultimi la digitazione sulla tastiera del computer e la sensibilità tattile degli schermi digitali sono la massima espressione emotiva e sentimentale, percepita nell’interazione virtuale con l’altro, che offusca e vanifica tutti i sentimenti autentici che nella vita reale si formano proprio nel contatto personale con l’altro da sé.

IL “SOPRAVVENTO” DEL DIGITALE ED IL TRAMONTO DELL’UMANO. LA RINASCITA DELL’UOMO PRIMITIVO 4.0

Comincia così la storia di una condizione umana mutilata nel senso stesso della consapevolezza che ogni essere umano è molto più dei suoi soli bisogni primari, dei suoi soli istinti e delle sue passioni: una condizione presente nella sua primissima infanzia alla quale, in un percorso di corretta maturazione della personalità, subentra alla dimensione dell’essere per sé, l’essere ed il dover essere per se stessi e per gli altri. Siamo in quell’olimpo del Super-Io, di matrice freudiana, dove risiede il tribunale della ragione, dei valori, degli ideali, del rispetto dell’autorità e delle regole, della morale e dell’etica, dei buoni sentimenti, dell’empatia, delle motivazioni il cui compito è quello di strutturare un Io capace di frenare gli appetiti insaziabili, le pulsioni, le passioni smodate, gli istinti di possesso, di violenza, di piacere edonistico, di dominio di quell’Es, altrimenti incontenibile che non è assoggettabile a nessuna categoria valida per la rete. E che anzi, essendo trasmigrato nella funzione superiore che una volta era del Super-Io, detta le regole all’Io per il raggiungimento della soddisfazione irrefrenabile di tutto ciò che lo distingue , senza limiti né sensi di colpa, né percezione dei pericoli e senza dovere giustificazioni dal momento che la ragione, il Super-Io, è finita ad espletare una funzione inferiore che una volta apparteneva all’Es. A posizioni invertite l’Io si è ritrovato a non essere più sottoposto, se non molto limitatamente, a nessuna percezione di senso del disvalore,  derivante dalle azioni compiute in nome e per conto del nuovo tipo di traguardi dettati, nella nuova condizione, dalla parte più primitiva di se stesso. A consolarlo dalla caduta al ribasso verso questa primitiva condizione di “esistente”, nell’accezione più materiale del termine, assimilabile ad un essere vivente indistinto presente in natura, si sono affermate nel suo universo una visione globalizzante del mondo e la diffusione pervasiva della tecnologia digitale nel suo cammino inarrestabile verso le forme più evolute delle proprie funzionalità. A questo punto ci si è accorti che comunque quel Super-Io relegato ai margini avrebbe potuto riappropriarsi della sua funzione di guida apportando la sostituzione dei valori tradizionali, degli ideali, delle leggi e delle regole, della morale, classificati e riconosciuti universalmente, con la versione relativistica di ognuno di essi. I nuovi profeti del secondo decennio del terzo millennio, gli influencer, si sono fatti guide spirituali e pastori dei nuovi greggi, impegnati a divulgare le nuove dottrine fondate sulla ragione del non senso, dei diritti e dei doveri negoziabili, di qualsiasi mezzo per giustificare qualsiasi fine di qualsivoglia natura.

UN COMPROMESSO NECESSARIO FRA PASSATO E PRESENTE PER SUPERARE LE CONTRADDIZIONI E COSTRUIRE UNA CIVILTA’ DEL FUTURO

In questa disorientante babele di nuova generazione le sole indicazioni per uscire dalle secche dell’imbarbarimento crescente dei nuovi costumi culturali e dei nuovi stili del vivere quotidiano, risiedono nel ripensare ad un compromesso fra la tradizione del passato e le nuove frontiere del presente, proiettate ad un futuro sostenibile che fondi le sue radici nella rinascita e rivalutazione del concetto di Persona e della Formazione integrale ed integrata della persona fin dall’infanzia– PROTEZIONE/PREVENZIONE UNDER 18: FORMAZIONE INTEGRALE ED INTEGRATA DELLA PERSONA . Per fare questo è necessario creare alleanze intergenerazionali fra le principali agenzie educative, cioè fra la Famiglia e la Scuola, per suscitare le sinergie necessarie a riconoscere e distinguere le fake resolutions di stake-holders sponsorizzati dal potere, dalla gestione oculata e competente di team di esperti e professionisti, disposti ad operare in modo multidisciplinare con interventi integrati, scientificamente misurabili. Non un universo indistinto di esperimenti dilettantistici in cui le diverse forme dell’arte, da quella musicale, sportiva, teatrale, ludico-intrattenitiva, vengono ricondotte a categorie scientifiche per fare screening su disturbi dell’apprendimento, del comportamento, della personalità, non sottoposte che al giudizio incompetente dell’indistinto pubblico di fruitori della rete. L’intrattenimento e la creatività costituiscono un binomio vincente per positivi risvolti nel campo del sostegno alla persona e sono in grado di incrementare il benessere psico-fisico, se concepiti come complementari ad attività di prevenzione e trattamento in campo clinico ed assistenziale, che si basano su metodologie e procedure che possano vantare un minimo di scientificità e garantiscano così la verificabilità delle procedure e la riproducibilità dei risultati ottenuti. E’ la cura della persona fin dall’infanzia, affrontata tenendo conto di tutti gli aspetti costitutivi e delle potenzialità attitudinali , del temperamento, del carattere, dell’intelligenza di ognuno che concorre allo sviluppo corretto ed equilibrato della personalità e quindi, in ricaduta, determina l’abbassamento delle situazioni di emergenza per quanto riguarda l’ambito familiare, scolastico e sociale. Analizzando le contraddizioni che sono state e sono alla base degli attuali fallimenti possiamo, senza possibilità di smentita, osservare che se la formazione del bambino nella primissima infanzia, viene affidata al precoce utilizzo prolungato e continuativo di dispositivi digitali questo possa compromettere non solo il suo sviluppo cognitivo e intellettivo, ma anche quello relazionale. Se viene destituita l’importanza di favorire in quella fascia di età una corretta educazione ai sentimenti, alle emozioni, alla reciprocità, al rispetto della propria persona e dell’altro da sé, questo può nel tempo preludere facilmente ad una considerazione futura disvaloriale dell’altro , specialmente se più fragile, diverso, purtroppo forse “non troppo diverso” dal bersaglio da abbattere, presente nei tanti video giochi, molti dei quali estremamente violenti, presenti in rete. E’ pur vero che questa è soltanto una delle diverse interpretazioni alla base delle trasformazioni socio-bioantropologiche della post-modernità nell’era dominata dall’uso incontrastato e pervasivo della tecnologia digitale di cui si è detto. Ma è pur altrettanto vero che si è per questo motivo andata consolidando sempre più la tendenza a sottomettere al dominio del mondo virtuale e digitale quei valori che fino all’avvento del digitale sono stati in grado di arginare quegli istinti, quelle pulsioni  e quegli appetiti insaziabili,  presenti nella natura umana, che il tramonto di una certa spiritualità ha fatto trionfare proprio attraverso una globale rappresentazione virtuale di questi disvalori, assurti a nuovi modelli valoriali dell’era del virtuale. E da questi sono stati fatti discendere come accettabili, decretandone  l’affermazione, modelli culturali, stili di vita e comportamenti che sono divenuti leciti o non leciti sulla base dei giudizi emessi dal tribunale mediatico della rete virtuale. Un tribunale dove scorrono tante verità quante se possono contare attraverso le opinioni espresse dai vari influencer che dettano le nuove regole in cui l’unicità di ognuno di noi è ricondotta alla distinzione di uno solo: l’influencer che siede sul trono del non senso e della superficialità, dell’apparire e della inautenticità. Lo scardinamento degli ancoraggi ai valori ed ai principi universali della tradizione cristiana e dell’occidente che fino alla fine del secolo scorso hanno avuto la funzione di ricondurre ad una visione etica condivisa della vita e dei rapporti personali ha determinato la morte dell’etica e con essa, anche la fine dei valori condivisi in grado di arginare le passioni e gli istinti. La globalizzazione e l’avvento del digitale hanno perfezionato il disfacimento di qualsiasi orientamento valoriale in grado di sviluppare interpretazioni confluenti sul consenso della ragione e della verità, della reciprocità e del rispetto, del diritto e della giustizia. In questa nuova rappresentazione del mondo, così poco rassicurante, ci meravigliamo ancora che fiorisca ogni forma di violenza, anche in età molto precoce, che proprio nei luoghi deputati all’educazione e alla formazione dei bambini, ragazzi e adolescenti si moltiplichino episodi sempre più frequenti di bullismo e cyberbullismo; che le agenzie educative per eccellenza, la famiglia e la scuola, anziché essere alleate nella missione delle missioni: lo sviluppo delle giovani generazioni, si sferrino attacchi preoccupanti e ricorrenti di violenza, anche fisica, ognuna in nome del proprio orgoglio personale e non dei comuni diritti-doveri; che in nome dei cattivi esempi, presenti proprio nei luoghi deputati all’educazione e alla formazione, giovani adolescenti delusi e depressi ricorrano alle armi per gridare tutta la loro disperazione, attuando stragi negli stessi luoghi in cui non hanno trovato guide credibili, ma solo cattivi esempi; che un’incontenibile voglia di protagonismo, praticata come lo sport preferito da tutti, a livello virtuale e non solo, abbia seppellito, insieme al rispetto della privacy propria ed altrui, anche la dignità e il rispetto del proprio corpo e della propria sessualità, facendoli prima oggetto di commercio e di scambio, e dopo motivo di una insostenibile vergogna che giustifica il suicidio, sacrificandolo tutto sull’altare di un bisogno edonistico che diventa la priorità della propria esistenza. In questo vortice di banalità e di brutalità, di vizi diventati virtù, di malcostume divenuto stile di vita che fa tendenza, di comportamenti immorali adottati come buoni esempi da seguire, dove le regole e le leggi servono soltanto per praticare l’ingiustizia e legittimare ogni forma di devianza, è difficile continuare a credere e sperare in un evoluzione della civiltà ed in un progresso senza fine. Senza un ripensamento radicale a rivalutare la formazione e la cura della persona fin dall’infanzia, alla luce della rappresentazione di una società perduta nella propria dissoluzione dei costumi e dei comportamenti, l’unica vera rivoluzionaria controtendenza sarà rappresentata dalla ricerca della nostra essenza per la nostra sopravvivenza.

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Mara Massai

MARA MASSAI Sociologa, Dottore di ricerca in Criminologia, esperta in Tecniche Investigative in Criminologia e Vittimologia, Project Manager, Presidente di AS.SO.GRAF.

(Associazione Culturale di Sociologia e Grafologia), Titolare responsabile e coordinatrice del Progetto "APPROCCIO OLISTICO ALLA FORMAZIONE INTEGRALE ED INTEGRATA DELLA PERSONA fin dai banchi di scuola” (Brevetto: M. Massai. (2014).. 200900158)